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Lamezia, la verità sull'omicidio Ventura: fu ucciso per una vendetta ordita dal boss

Il 28enne fu attirato con l’inganno in località Carrà per scattare delle foto a dei resti archeologici. Venne colpito dal killer Pulice che dopo due decenni ha confessato di essere stato l’autore

Il video dei luoghi dell'omicidio Ventura

La parola fine, dal punto di vista processuale, l’ha scritta la Cassazione lo scorso 8 gennaio, a 25 anni da un omicidio rimasto per lungo tempo avvolto in un silenzio rotto solo dai familiari della vittima. Per loro, invece, il dolore non finirà, ma almeno i lametini di oggi e di domani sapranno da chi e perché Gennaro Ventura è stato ucciso.

Fotografo e carabiniere in congedo, era nato il 13 agosto del 1968 e quando è svanito nel nulla, il 16 dicembre 1996, aveva appena 28 anni. È stato attirato in una trappola, fatto recare in una zona isolata (località Carrà-Volpe) – con il pretesto di fargli fotografare dei resti archeologici trovati per caso – e ammazzato con un colpo di pistola calibro 9x19 alla testa.

Il suo corpo è stato ritrovato per caso il 25 aprile del 2008, quando, in una vasca sotterranea di un casolare nella stessa zona periferica, alcuni potenziali acquirenti dell’immobile hanno fatto ispezionare quel luogo. Assieme ai poveri resti è stata rinvenuta anche l’attrezzatura da fotografo.

Tra l’omicidio e il ritrovamento dei resti sono passati oltre vent’anni di silenzi, sospetti e indagini arenate. Dovettero passare altri 7 anni dal ritrovamento del cadavere perché qualcuno squarciasse il velo di interrogativi attorno all’omicidio: lo ha fatto nel 2015 l’autore materiale del delitto, Gennaro Pulice, killer pentito delle cosche che ha confessato di aver ucciso Ventura. Il mandante è stato invece il boss Domenico Antonio Cannizzaro, condannato a 30 anni dalla Cassazione a conferma della sentenza emessa dalla Corte d’Appello nel febbraio del 2019.

Ad incastrare Cannizzaro, oltre a Pulice, è stato anche un altro pentito: suo cognato Pietro Paolo Stranges. Cannizzaro avrebbe ordinato di uccidere Ventura per vendetta. Il fotografo, quando era ancora in servizio nell’Arma, aveva contribuito a far arrestare un uomo vicino al clan per una rapina commessa a Tivoli. Si trattava di un cugino di Cannizzaro accusato di aver rubato un ingente quantitativo di droga dagli uffici del perito chimico del tribunale.

Cannizzaro ha ordinato a Pulice di punire questa “colpa”, così il braccio armato della cosca, oggi pentito, ha attirato il fotografo nelle campagne e lo ha ucciso. Le indagini sul caso sono sempre state complesse e le denunce dei familiari di Ventura per anni non hanno avuto sbocco.

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