È una vicenda solo apparentemente isolata quella che ha portato all’arresto per estorsione di un esponente della famiglia Giampà e di un suo presunto intermediario. Che la cosca storicamente egemone su Nicastro sia ancora a tutti gli effetti operativa, e che continui a far sentire il proprio peso sulle attività commerciali della zona, lo si evince chiaramente dalle carte dell’inchiesta condotta dalla Dda di Catanzaro che portato all’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del 36enne Michele Bentornato e del suo presunto mandante, il 53enne Vincenzo Tino Giampà, detto “U Camaciu” e cognato di Francesco, il “Professore”, storico capostipite della famiglia oggi al 41 bis. Le considerazioni del pool di magistrati guidato da Nicola Gratteri rispetto alla vicenda di cui è stato vittima un imprenditore di via del Progresso sono emblematiche: «Nei contesti territoriali come quello lametino, nei quali è notoria l’esistenza e l’operatività di una consorteria mafiosa, al fine di incutere timore nella vittima del reato risulta “superfluo l’avvertimento mafioso, sia pure implicito, ovvero il ricorso – scrive la Dda citando due sentenze della Cassazione del 2014 e del 2019 – a specifici comportamenti di violenza o minaccia”, essendo sufficiente che l’estorto sia in grado di ricondurre la richiesta, od il suo autore, ad un’organizzazione mafiosa».
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