La pineta di Monte Fiorino è deserta, tra gli alberi si scorgono solo le divise rosse e blu dei carabinieri che da una settimana la percorrono metro per metro per catturare tutti i componenti del branco di cani assassini che ha ucciso Simona Cavallaro. Con il passare dei giorni è sempre più difficile tenere riservate le notizie sulla dinamica dell’accaduto che corrono e trasmettono dolore e paura. Il racconto dell’oltraggio famelico dei cani a guardia di un gregge oltrepassa la morte e incarna un incubo che in molti vorrebbero lasciarsi alle spalle. Simona si sarebbe potuta salvare rimanendo nella chiesetta in legno in cui aveva trovato riparo insieme all’amico che l’accompagnava, ma anche se si fosse dato seguito alle prescrizioni che imponevano il divieto di pascolo e, forse, anche alle segnalazioni più o meno ufficiali della presenza del branco assassino. Un pensiero che affolla le coscienze di chi chiede ora un intervento forte da parte delle istituzioni per evitare che quanto sia accaduto alla ventenne di Soverato possa ripetersi ancora. Le analisi non sono ancora lucide, ma per i sindaci di tutto il comprensorio e già tempo di agire. Se il primo cittadino di Satriano sceglie di attendere che le indagini facciano il suo corso dopo che i carabinieri hanno acquisito i documenti relativi le autorizzazioni rilasciate e le testimonianze sulle possibili segnalazioni che hanno preceduto l’incidente, gli omologhi dei comuni vicini prendono le prime posizioni dinanzi la psicosi che si manifesta nelle ripetute chiamate ai comandi di polizia municipale e agli uffici tecnici. Quelle più numerose si registrano nei paesi di Montepaone e Gasperina in cui fotografie di branchi di cani randagi che attraversano i confini tra un comune e l’altro forniscono la base per pianificare gli interventi. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro