Tra gli indagati c’è Giuseppe Sarcone Grande, che per la Dda bolognese, avrebbe retto la ‘ndrina operante in Emilia ma legata alla cosca madre dei Grande Aracri di Cutro, dopo gli arresti e le condanne dei fratelli Nicolino, Gianluigi e Carmine Sarcone imputati nei vari tronconi processuali scaturiti dall’operazione Aemilia del 2015. Ma c’è anche Salvatore Muto, anch’egli originario di Cutro, che si sarebbe dato da fare per proseguire «l'attività redditizia» dei fratelli Antonio e Luigi Muto (anche loro coinvolti in “Aemilia”) emettendo «false fatturazioni».
La Procura antimafia di Bologna ha chiuso il cerchio sull’inchiesta Perseverance, che lo sorso 12 marzo, con l’esecuzione di 10 misure cautelari e numerosi sequestri di beni mobili e immobili, mise all’angolo le nuove leve del clan di ‘ndrangheta di matrice cutrese, che negli ultimi tre anni ha dettato legge tra le province di Reggio Emilia, Modena, Piacenza e Parma. Sotto accusa sono finite 48 persone, alle quali il sostituto procuratore della Dda felsinea, Beatrice Ronchi, ha fatto notificare un avviso di conclusione indagine. Devono rispondere, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, trasferimento fraudolento di valori mediante l'attribuzione fittizia della titolarità o disponibilità di beni o denaro per impedirne l'aggressione da parte dello Stato e riciclaggio grazie alla complicità di privati e pubblici ufficiali.
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