La Misericordia di Isola Capo Rizzuto (quella presieduta da Leonardo Sacco), nel gestire il Centro d’accoglienza per migranti di Sant’Anna, «ha svolto il ruolo di collettore» di risorse pubbliche, per convogliarle, in parte, «verso le casse» della cosca Arena. La quale, è riuscita così a lucrare «doppiamente»: da un «ricevendo» i soldi «attraverso la falsa fatturazione», dall’altro «godendo di vantaggi di vario genere (posti di lavoro, denaro liquido)», mediante «la disponibilità delle imprese» che erano entrate nell’«affare» sull’assistenza ai profughi. Lo ha messo nero su bianco la Corte d’Appello di Catanzaro nelle motivazioni della sentenza con la quale, il 9 giugno scorso, ha inflitto 62 condanne a carico dei vertici e fiancheggiatori della ‘ndrina isolitana, coinvolti nella maxi-inchiesta “Jonny” venuta alla luce con il blitz del maggio 2017. L’inchiesta come è noto ipotizza le ingerenze dei clan di Isola sulla gestione “Cara” grazia alla collusione con le cosche degli allori responsabilit della Confraternita. Il collegio giudicante presieduto da Loredana De Franco ha quindi ritenuto fondata la tesi investigativa della Dda, secondo cui Leonardo Sacco, l’ex governatore della Misericordia al quale sono comminati 20 anni di carcere in Appello (2 anni e 6 mesi in più rispetto al giudizio abbreviato), e don Edoardo Scordio, ex parroco della chiesa Maria Assunta e fondatore della Misericordia (condannato in primo grado dal Tribunale a 14 anni e 6 mesi), hanno messo in piedi quel patto criminale mirato a drenare illecitamente 36 milioni di euro sui 103 milioni ricevuti tra il 2006 e il 2015 dalla Misericordia per occuparsi del Centro.
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