La cosca Mannolo-Zoffreo-Trapasso-Falcone di San Leonardo di Cutro e il potente “locale” di ‘ndrangheta dei Grande Aracri di Cutro hanno «un comune denominatore», che è «l’illecito arricchimento tanto in termini economici, quanto in termine di potere mafioso» attraverso «l’infiltrazione capillare nel tessuto sociale ed economico». Esempio di una visione comune e di interessi convergenti è la «soggezione economica» sia del villaggio turistico “Porto Kaleo” di Steccato di Cutro, che di «altre realtà economiche all’influenza criminale delle cosche della provincia di Crotone e dei Mannolo in particolare». L’assetto «emblematico» degli «equilibri tra le varie consorterie» viene descritto nelle motivazioni della sentenza con la quale, lo scorso 24 maggio, la giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Catanzaro, Gabriella Logozzo, ha inflitto 43 condanne, per oltre 370 anni di carcere, a carico dei vertici e fiancheggiatori del clan dei “sanleonardesi”, coinvolti nel procedimento di rito abbreviato scaturito dall’inchiesta della Procura antimafia “Malapianta” scattata il 29 maggio 2019. Il gup ha così fatto la sintesi delle testimonianze, definite «convergenti», che sono state fornite da diversi pentiti, i quali, con i loro racconti, hanno ricostruito il «legame di interdipendenza» che esisterebbe tra «la famiglia Mannolo e la cosca dei Grande Aracri». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro