La pena più alta – 26 anni di carcere – è stata chiesta per Antonio Sestito di Isola Capo Rizzuto considerato tra le figure di vertice del clan isolitano che avrebbe gestito il traffico di droga nella provincia. A seguire, ci sono i 20 anni di reclusione proposti per i presunti rampolli della cosca di San leonado di Cutro, Rocco Mannolo e Giuliano Mannolo. Stessa richiesta per Santo Claudio Papaleo di Isola anch’egli considerato tra i promotori del business illecito alla droga. Sono solo alcune delle 49 richieste di condanna – per complessivi 548 anni e 8 mesi di detenzione - che ieri il pubblico ministero della Dda di Catanzaro, Paolo Sirleo, ha avanzato davanti al giudice per le udienze preliminari distrettuale, Chiara Esposito, a carico dei 51 imputati coinvolti nel procedimento di rito abbreviato scaturito dall’inchiesta “Golgota”. Per due degli accusati – Nicola Arena e Giuseppe Pullano, il magistrato della Procura antimafia di Catanzaro – ha proposto l’assoluzione. È stato invece rinviato a giudizio Antonio Astorino. La sua posizione di affianca a quelle di Antonio Scerbo e Tommaso Mercurio, che il 29 novembre avevano optato per il rito ordinario. Per i tre, tutti di Isola Capo Rizzuto il dibattimento inizierà il 3 marzo prossimo davanti al Tribunale di Crotone. Stralciata ancora la posizione di Antonio Niscoscia di Isola Capo Rizzuto. Nel corso della sua requisitoria, durata circa sei ore, il pm Sirleo, ha ricostruito punto per punto le accuse che hanno portato all’operazione con la quale, il 10 febbraio 2021 con l’esecuzione di 36 arresti, i poliziotti della Squadra mobile di Crotone hanno disarticolato le cosiddette nuove leve della cosca Arena-Nicoscia di Isola di Capo Rizzuto che sarebbe capeggiata da Salvatore Arena, detto “Caporale”, e i rampolòli emergenti del ceppo “pecorari” dei Mannolo di San Leonardo di Cutro, impegnati in un giro di spaccio e traffico di stupefacenti.
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