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Catanzaro, quei farmaci ottenuti con ricette false. Esenzioni intestate a deportati nei lager

Emergono nuovi retroscena dall’inchiesta sulla truffa ai danni del servizio sanitario. Pedinamenti e intercettazioni raccontano svelano la presunta associazione. Il procacciamento illecito delle medicine aveva portato a un mercato nero

Avrebbero utilizzato codici di esenzione relativi a invalidi di guerra e deportati in campo di sterminio. Emerge anche questo aspetto dall’inchiesta della Guardia di Finanza coordinata dalla Procura del capoluogo sulla presunta truffa sui farmaci che ha coinvolto un’intera famiglia, ora indagata per associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata in danno del servizio sanitario nazionale, falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative, falsità materiale commessa dal privato.

Secondo gli inquirenti sarebbe stato ricreato una sorta di mercato nero dei farmaci, che sarebbero poi transitati (più di 5 mila) dal bancone della farmacia Leo. Un’attività d’indagine che fa luce su fatti che sarebbero avvenuti fino ai primi mesi del 2016, riportati nero su bianco sulle carte dell’inchiesta con intercettazioni, analisi del contenuto di pc e appostamenti. Alla base della presunta truffa, secondo gli inquirenti, le difficoltà finanziarie della farmacia di Pontepiccolo, dove sarebbero state predisposte le false ricette intestate a grandi invalidi (ignari di tutto) e dove sarebbero stati rivenduti i farmaci ritirati in altre farmacie della città proprio attraverso le false ricette. Dunque, un gruppo su base familiare, di cui sarebbero stati organizzatori i fratelli Carlo Leo (farmacista) e Raffaele Leo; partecipi quali addetti alle vendite sarebbero invece stati Ilaria Leo e Pasquale Gigliotti (dipendente), mentre Giuseppe Rubino, cognato di Raffaele Leo, e Antonio Mungo, guardiano all’ospedale “Pugliese”, avrebbero avuto il compito di procurare i farmaci da rivendere, recuperando i ricettari.

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