Il clan Anello di Filadelfia minacciava il giornalista Antonio Sisca, arrivando a cercare la sua auto per darla alle fiamme (tentativo in un caso non riuscito) e "sistemarlo" a dovere. È quanto emerso oggi nell’aula bunker di Lamezia Terme nel corso del maxiprocesso nato dall’operazione antimafia "Imponimento". È stato il collaboratore di giustizia, Francesco Michienzi, per anni "braccio armato" di Rocco e Tommaso Anello - indicati come i capi del clan di 'ndrangheta di Filadelfia, nel Vibonese - a svelare di essere stato incaricato da Rocco Anello ad incendiare la Mercedes del giornalista Antonio Sisca, storico corrispondente per l’intera area dell’Angitola per il quotidiano Gazzetta del Sud. Gli articoli del giornalista non sarebbero stati graditi dal clan Anello che dopo una riunione nel bar del paese aveva deciso di punire il giornalista, già in passato nel mirino della cosca. «Mi hanno in passato incendiato l’auto, una Fiat Punto - ha dichiarato Sisca, contattato dall’Agi - e ho ricevuto diverse telefonate minatorie ed anche pallottole inviate via posta. Apprendo dalle cronache dell’udienza odierna che volevano incendiarmi pure la Mercedes e che erano intenzionati a darmi una lezione». Il giornalista si è occupato negli anni anche diversi casi di "lupara bianca". A rappresentare l’accusa nel processo "Imponimento" è la Dda di Catanzaro guidata dal procuratore Nicola Gratteri.