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Le azioni criminali nel Vibonese, l'ignoranza del Bene

Riceviamo e pubblichiamo da Saverio Fortunato, rettore dell’Istituto Italiano di Criminologia

"Nella realtà vibonese si verificano spesso atti criminali che suscitano sdegno e allarme sociale: il raid punitivo scattato la sera di Natale nel paesino di Natuzza, per opera di un branco di minorenni di Mileto a danno di un quindicenne di San Calogero, pestato con bastoni e catene e lasciato a terra sanguinante. A Vibo Marina un uomo aggredisce violentemente la propria vittima, un 50enne del luogo, dapprima scaraventandolo al suolo, poi colpendolo ripetutamente con calci e con uno sfollagente, di cui era armato. All’episodio assistono dei passanti: siamo nello scorso marzo e la violenta scena provoca anche il malore di una donna incinta, che finirà per compromettere inevitabilmente la gravidanza gemellare.

A Filandari una donna viene picchiata in una stazione di benzina, privata dell’autovettura e lasciata sul posto in condizioni critiche, tant’è che quando i carabinieri arriveranno in ospedale, la donna non riuscirà ad aprire gli occhi per riconoscere i presunti aggressori. A Soriano Calabro degli uomini sono entrati nel salone di un barbiere e hanno ucciso un 40enne già noto alle forze dell’ordine. Una modalità criminale che rievoca l’agire della banda del gangster George Bugs Moran nella Chicago degli anni Venti. Poi ci sono gli atti vandalici: l’albero della legalità estirpato, la panchina rotta, l’ulivo danneggiato, la rottura del cemento nello spazio giochi dei bambini e via elencando. Azioni criminali e brutali, incuranti della vita umana, della fede religiosa, insomma, del Bene.

La stessa assenza di Bene che viveva Atene quando i suoi giudici di allora condannarono a morte Socrate. Platone, fedele allievo di Socrate, fu preso dallo sdegno perché non si capacitava su come fosse stato possibile che degli uomini che si dicevano essere giusti avessero giudicato e condannato a morte il suo maestro, un uomo irreprensibile sul piano morale! Giunse allora a una conclusione: non si è mai ingiusti perché si è cattivi, non si è giusti perché non si sa che cosa sia giusto e cosa non lo è. Si è ignoranti del bene, non lo si conosce.

Ecco, io credo che a Vibo Valentia ci sia sovrana l’ignoranza del bene. Il problema sulle modalità dell’agire criminale non è di natura etica o morale, ma di natura conoscitiva (gnoseologica). Si agisce facendo il male perché non si sa agire su quanto è giusto e su quanto è ingiusto fare, non si conosce il bene.

Pensiamoci un attimo, dove si apprende il bene? Dalla famiglia? Dalla scuola? Dalla Politica? Dal mondo industriale? Siamo sicuri che ciò avvenga? Oppure, la crisi economica e il sottosviluppo, da una parte; l’idolatria del dio denaro e delle mete alte diffuse dai mass media, dall’altra, tritano tutto? A scuola la tecnica e l’informatica sono a discapito delle materie umanistiche e persino della religione, divenuta ormai non si sa cosa e comunque opzionale, così facendo non si conosce il bene, nemmeno dal punto di vista religioso. Siamo arrivati al punto che quando un cittadino (medico, poliziotto, prete, giudice, politico, professionista) fa bene (appunto!) il proprio mestiere è visto come una specie di eroe o come un albatros da abbattere per invidia e pochezza, quando in realtà fa solo il suo mestiere. Non si conosce il bene, mentre lo stesso - ahinoi! - non si può dire del male. Qui i maestri che lo insegnano non mancano".

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