
«Devono ritenersi compartecipi del danno cagionato ulteriori soggetti non evocati in giudizio quali il collegio sindacale, inopinatamente tardivo nel rilevare la rischiosità dell’azione intrapresa, i nuovi amministratori che, nel procedere all’immediato disinvestimento, hanno acconsentito alla corresponsione di 685.111,34 a titolo di commissione d’uscita, a fronte di 478.988,27 euro che sarebbero stati erogati qualora i fondi fossero stati disinvestiti al 31 dicembre 2016». La sentenza d’appello della Corte dei conti riscrive, almeno in parte, la storia del buco nero nelle casse di Fincalabra. La magistratura contabile ha infatti riformato la sentenza che era stata emessa in primo grado dalla corte catanzarese. Nessuna responsabilità per gli ex consiglieri di amministrazione Marcello Martino e Pio Turano, mentre l’allora presidente di Fincalabra Luca Mannarino è stato condannato a pagare 150mila euro. In primo grado le cose erano andate decisamente peggio per i tre ex amministratori. Mannarino era stato condannato al pagamento bei confronti della Regione di 1 milione 558mila euro, gli altri due alla liquidazione di oltre 155mila euro ciascuno. Al centro della vicenda fondi vincolati che vennero investiti operazioni ad altro rischio costate alle casse regionali più di un milione e mezzo di euro. Più in particolare 46 milioni 950mila euro di fondi comunitari erano stati affidati in gestione a Fincalabra e vincolati al finanziamento di progetti presentati da piccole e medie imprese.
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