Pasquale Brescia è stato il «motore economico» del ramo emiliano della cosca Grande Aracri di Cutro nei settori dell’edilizia, della compravendita di terreni, del reimpiego di capitali illeciti, della falsa fatturazione e delle frodi carosello. Lo mette nero su bianco la Cassazione nelle motivazioni della sentenza con la quale, il 21 ottobre scorso, ha confermato la condanna a 13 anni di carcere per il 55enne imprenditore cutrese, coinvolto in uno dei rivoli processuali scaturiti dall’inchiesta “Aemilia” della Dda di Bologna.
Allo stesso modo, la Suprema Corte ha ribadito la pena a 5 anni di reclusione comminata dalla Corte d’Appello felsinea all’ex maresciallo dei carabinieri di Reggio Emilia, Alessandro Lupezza (52 anni, di Pavia), che doveva rispondere di accesso abusivo alle banche dati del sistema di indagine, con le informazioni successivamente rivelate agli esponenti di vertice della “locale” di Cutro operante sulle rive del Po.
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