Il racconto del rapporto speciale con il suo cane guida e della necessità di imparare a fidarsi senza riserve di qualcun altro come conquista di una disabilità che non ha cambiato la sua vita. L’incontro tra gli studenti dell’Istituto alberghiero di Soverato e del liceo scientifico cittadino con Anna Barbaro si incrocia per caso con la celebrazione dell’8 marzo, e ne amplifica il significato, trasformandosi in un inno al superamento di ogni ostacolo e con esso all’abbattimento di ogni barriera che crea diversità.
La stella olimpica e mondiale, mostra fiera alla richiesta dei ragazzi la medaglia d’argento di Triathlon vinta alle Paralimpiadi di Tokyo e si racconta con autoironia in una lezione di sport e di vita nata dall’entusiasmo di Francesco Gualtieri, insegnante e rappresentante del comitato paralimpico in Calabria. «A Tokyo sono arrivata – spiega l’atleta – consapevole di aver meritato la qualificazione. L’immagine visibile di quella giornata è l’abbraccio tra due donne provenienti da due posti lontanissimi, una di Aosta e l’altra di Reggio Calabria che univano l’Italia. Gareggiare in due è come essere in una squadra. Prima di ogni gara abbraccio la mia guida: è un rituale per dire “io mi fido di te”, fai quello che è più giusto. Dico una frase che non tutti possono usare nel significato più profondo: io mi devo fidare ciecamente di lei. La gara la fa lei, è i miei occhi, vede gli ostacoli decide cosa fare, io recepisco ed eseguo alla lettera. Per vincere una medaglia bisogna diventare una cosa sola». Un percorso da atleta iniziato per caso da Anna Barbaro, spinta dal padre a trovare una strada quando tutto stava per cambiare nella sua vita.
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