Niente pesce sulle tavole dei cittadini vibonesi. Lo sciopero dei pescatori andrà avanti ad oltranza. A partire dall’altro ieri la categoria ha deciso di incrociare le braccia a causa del caro gasolio. I pescherecci, quindi, ricalcando quanto già avvenuto con la categoria degli autotrasportatori, hanno deciso di non uscire più in mare finché non riceveranno garanzie sull’intervento del Governo per contrastare il caro carburante. La speranza è riposta in un incontro al Ministero. «Vediamo se è possibile far entrare il comparto della pesca – rilevano i pescatori di Vibo Marina – tra quelli che vedranno un sostegno nel prossimo decreto. Altrimenti continueremo a stare a terra. Così, non possiamo più lavorare: i costi superano di gran lunga i guadagni». Le grandi barche hanno, infatti, bisogno di spendere mille euro al giorno in carburante a fronte dei circa 500 di poco più di un anno fa. «Non si riesce ad avere alcun guadagno – protestano gli armatori – e se ci dobbiamo solo rimettere, rischiando anche la vita, è meglio restare fermi. L’unica certezza, quando si esce in mare, sono le spese, perché non è detto che ogni volta con il pescato si sia fortunati». Ieri «c’è stato un ulteriore aumento del costo della nafta – commentano – si tratta di pochi centesimi, ma così affonderemo». A conti fatti gli imprenditori ittici di Vibo Marina ritengono che sia meno dispendioso restare a casa piuttosto che prendere il mare. «Il Governo – continuano – deve mettere un prezzo fisso: 0,50/0,60 centesimi, un costo che noi possiamo sostenere. Così avremmo anche un piccolo guadagno che andrebbe speso nella manutenzione della barca e in questo modo potremmo andare avanti. Altrimenti stiamo sempre sotto, e così passa pure la voglia di lavorare». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro