Dall’indagine “Reventinum” è emersa l’operatività, fin dagli anni ’80, del «gruppo storico della montagna» (Soveria, Decollatura, Platania, Serrastretta e zone limitrofe), che poi ha avuto una scissione interna tra gli Scalise e i Mezzatesta. Nelle motivazioni della sentenza in abbreviato che ha visto la condanna all’ergastolo di Pino e Luciano Scalise quali mandanti dell’omicidio dell’avvocato Francesco Pagliuso, il gup Pietro Carè ripercorre la storia criminale del Reventino e individua uno spartiacque nel tentato omicidio di Pino Scalise avvenuto nel 2001.
Questo fatto segnò la sua fuoriuscita e la creazione di un gruppo autonomo indicato come rivale di quello dei Mezzatesta, ma Domenico Mezzatesta e il figlio Giovanni sono stati assolti dall’accusa di associazione mafiosa, così come sono stati assolti Cleo Bonacci, Eugenio Tomaino e Antonio Pulitano. Le altre accuse hanno retto, ma non il primo capo, quello riguardante l’associazione mafiosa riferita allo «storico gruppo della montagna», relativamente al quale sono stati assolti anche Pino e Luciano Scalise e Andrea Scalzo, condannati però per l’associazione mafiosa successiva. Dunque si è trattato di una storia criminale, sì, ma non inquadrabile come ‘ndrangheta se non da un certo punto in poi. Entrambi i gruppi avrebbero maturato rapporti «di dipendenza/alleanza» con i clan lametini Giampà-Cappello-Arcieri e Iannazzo-Cannizzaro-Daponte. Dopo l’operazione “Medusa” (2012), però, gli Scalise acquistano «maggiore libertà d’azione» e riesplode il contrasto «a lungo sopito con la cosca Mezzatesta già all’origine della scissione del 2001». Mantenere la pax era insomma negli interessi dei clan Giampà e Iannazzo, ma quando questi vengono colpiti dagli arresti «la rivalità tra le due famiglie criminali non trova più alcun freno nelle cosche lametine di riferimento». Il giudice fissa le date salienti di una lunga scia di piombo e sangue.
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