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Vibo, i sanitari ospedalieri: pronti a lasciare

Il clima di rinnovata violenza allo Jazzolino, dopo le recenti aggressioni, genera preoccupazione e amarezza nel personale

Una storia che si ripete, in maniera implacabile. Ma nel tempo la violenza esercitata all’interno dell’ospedale Jazzolino contro medici e operatori anziché far porre serie riflessioni a chi di competenza viene fatta crescere, senza colpo ferire, nel brodo di coltura dell’arroganza. E così la spirale stringe sempre di più i suoi anelli attorno alla struttura ospedaliera rischiando di annientare il lavoro di quanti, tra mille difficoltà e sacrifici, continuano a far andare avanti l’unica macchina capace, nel bene e nel male, di dare ancora risposte alle istanze di assistenza del territorio.

E mentre sono stati identificati e deferiti gli autori dell’assalto al dottore di Malattie infettive, Maurizio Guastalegname (prognosi 7 giorni) e a un’operatrice sanitaria (5 giorni) nei confronti dei quali i carabinieri procedono d’ufficio – visto che a essere colpiti sono stati due pubblici ufficiali – per lesioni personali aggravate, le recenti aggressioni a medici e operatori ripropongono per l’ennesima volta il problema in tutta la sua gravità. Ma ancora una volta il personale che opera all’interno della struttura rischia di rimanere da solo perché – il passato lo insegna – spesso le battaglie che hanno riguardato il nosocomio si sono risolte in un “armiamoci e partite”.

Ieri mattina per l’ennesima volta medici, infermieri e tecnici si sono, loro malgrado, ritrovati spontaneamente davanti al Pronto soccorso per lanciare un ultimo appello preoccupati, in particolar modo, della reazione di alcune persone che sui social, dopo le aggressioni, incitano ancora alla violenza. «Questo non possiamo tollerarlo – sottolineano medici e infermieri – così non si può andare avanti, manca la serenità per farlo. Intervenga il Prefetto». E il dott. Giuseppe Greco aggiunge: «La situazione è grave e demoralizzante anche e soprattutto in considerazione del fatto che, molto spesso, vengono sacrificati sull’altare della violenza quei pochi medici che si sono preoccupati di mandare avanti un reparto non guardando a turni o quant’altro».

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