"Ti ammazzo e ti sparo in testa", le minacce al giudice: un anno e otto mesi per "Ciko" Olivieri
La Corte d'appello di Salerno conferma la condanna inflitta in primo grado ma ridetermina la pena (originariamente un anno e 10 mesi di reclusione) in un anno e otto mesi di detenzione. "Sconto" di due mesi - in quanto il reato di minaccia grave è stato assorbito nella contestata aggravante di oltraggio a magistrato durante un'udienza - per Francesco (Ciko) Olivieri, 36 anni di Comerconi di Nicotera.
Risale al 30 maggio del 2019 – ovvero a un anno di distanza dal raid compiuto da Ciko che seminava morte e panico tra Nicotera e Limbadi (due gli omicidi: quello di Giuseppa Mollese e di Michele Valerioti e il tentato omicidio di Vincenzo Timpano) – la tesissima udienza davanti al gup del Tribunale di Vibo, poi conclusasi con un fine pena mai. Durante la requisitoria del pm Concettina Iannazzo, l’imputato era andato in escandescenze profferendo una serie di ingiurie e minacce nei confronti del magistrato – del tipo: «Brava, sei proprio brava dottoressa. Chi c... sei tu per chiedere l’ergastolo... Ti taglio la testa, ti ammazzo» – nonché del giudice Giovanni Garofalo, che lo invitava a contenersi e che disponeva il suo allontanamento dall’aula considerato che l’atteggiamento non cambiava: «Ti sparo in testa, se riesco a prendere una pistola ti ammazzo... non sei nessuno tu a me non puoi dirmi di stare zitto...». Al contempo Ciko sferrava violenti calci contro le sbarre della cella e contro la rete divisoria rompendola, tentando di sottrarre la pistola a uno degli agenti della Penitenziaria, che assieme ad altri colleghi era intervenuto per bloccarlo. Tentativo andato a vuoto soltanto grazie alla prontezza di riflessi della guardia. L’udienza, quindi, veniva momentaneamente sospesa e spostata in altra aula lasciando in quella originaria il solo imputato.
Da quell’episodio era scaturito un nuovo processo a Salerno per il 36enne di Comerconi – autore, tra l’altro di pestaggi, tentati omicidi e incendi in varie case circondariali – il quale era stato ammesso all’abbreviato in seguito alla produzione documentale da parte del suo legale, avvocato Francesco Schimio. Rito condizionato a una nuova perizia psichiatrica d’ufficio eseguita dal dott. Luca Bartoli il quale aveva evidenziato che al momento del fatto l’imputato «pur essendo pericoloso socialmente» avesse una «capacità di intendere e di volere parzialmente scemata».