C’è Giuseppe Sarcone Grande che avrebbe retto la ‘ndrina operante in Emilia ma pur sempre legata alla cosca madre dei Grande Aracri di Cutro, dopo gli arresti e le condanne dei fratelli Nicolino, Gianluigi e Carmine Sarcone coinvolti nei vari tronconi processuali scaturiti dall’operazione “Aemilia” del 2015. Ma ci sono anche le società, dislocate tra Cutro e Reggio Emilia, che sarebbero state intestate a Giuseppina Sarcone, e ad altre “teste di legno”, con il solo scopo di eludere la scure dei sequestri e delle confische da parte dello Stato. Ieri è iniziata con una lunga discussione tutta centrata sui presunti affari illeciti dei fratelli Sarcone la requisitoria del pm della Dda di Bologna, Beatrice Ronchi, nell’ambito del procedimento di rito abbreviato a carico di 24 persone scaturito dall’inchiesta “Perseverance”. Si tratta del blitz, scattato il 12 marzo 2021 con l’esecuzione di 10 arresti, che sulla scia delle indagini “Aemilia” e “Grimilde” (2019) ha messo sotto scacco le nuove leve ed alcune “vecchie conoscenze” del clan cutrese attivo tra le province di Reggio Emilia, Modena, Piacenza e Parma. E così, davanti al giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Bologna Claudio Paris, il pubblico ministero s’è soffermata sulla figura di Giuseppe Sarcone Grande, che fino a quel momento era rimasto ai margini delle investigazioni. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro