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A Badolato regna la rivalità fra Vincenzo e Maurizio Gallelli (detto il campione)

L’inchiesta Itaca Free Boat sul porto fornisce ulteriori dettagli sui rapporti all’interno del clan

I rapporti fra il luogotenente dei Gallace a Badolato, il boss Vincenzo Gallace, e Maurizio Gallelli detto “campione”, affiliato di spicco della cosca, non erano idilliaci, anzi. Emerge dalla sentenza con cui la Cassazione ha rideterminato per quest’ultimo la pena da 16 anni a 15 mesi e 8 mesi, a conclusione del processo scaturito dall’inchiesta Itaca Free Boat che ha indagato sul porto di Badolato e sugli appetiti della criminalità locale. I giudici hanno ripreso le dichiarazioni del pentito Antonino Belnome che ha riferito agli inquirenti che fra Vincenzo e Maurizio Gallelli, entrambi presenti alla festa di battesimo del figlio Andrea (cerimonia ristretta, perché da poco era stato ucciso il boss Carmelo Novella) era in atto una sorta di competizione, perché entrambi ambivano a primeggiare quali referenti di Vincenzo Gallace nel territorio di Badolato. Maurizio Gallelli era pienamente inserito nel contesto della consorteria, tant’è che sempre Belnome ha ricordato la sua partecipazione alla riunione in cui si deliberò l’omicidio di tale Fiore; una circostanza rilevante alla luce del fatto che normalmente una decisione di tale portata impone di escludere coinvolgimenti occasionali ed estemporanei, prevedendo, al contrario, una partecipazione diretta e fattiva al sodalizio. In occasione di un matrimonio, festeggiato in un ristorante di Guardavalle, un gruppo di invitati si appartò in un magazzino e consegnò a Maurizio Gallelli un fiore. Nel 2007, Gregorace, un altro imputato del processo Itaca Free Boat, lo indicò a Mario Grossi quale possibile nuovo referente territoriale da coinvolgere nella gestione della sicurezza del porto, mediante l’assunzione di un suo zio come guardiano, in considerazione del declino di Vincenzo Gallelli che era rimasto vittima di un tentativo di omicidio, e della leadership emergente del “campione”. La capacità intimidatoria di Gallelli, il suo controllo serrato del territorio, sono stati ravvisati anche nei fatti connessi alla gestione della Global Service che forniva i servizi al mega condominio denominato Villa Collina, meglio conosciuto come il residence dei danesi. La società era intestata alla moglie di Gallelli, ma di fatto era gestita da lui.

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