Catanzaro, Crotone, Vibo

Domenica 24 Novembre 2024

Il "pentito" di Vibo sul delitto ad Asti: piano per uccidere chi... sapeva

Un nuovo pentito – il dodicesimo nel Vibonese – nuove dichiarazioni e nuovi verbali. Altri nomi, parecchi, coperti da omissis così come pagine intere della deposizione resa da Antonio Guastalegname – che ha deciso di pentirsi perché «lasciato solo» dopo una condanna a 30 anni per omicidio – davanti al sostituto procuratore distrettuale Antonio De Bernardo. Omissis che fanno supporre l’esistenza di nuove indagini nel campo del traffico di droga e di armi e per fatti di sangue. Dichiarazioni quelle di Guastalegname (assistito dall’avv. Maria Mele) – originario di Vibo Marina ma residente in provincia di Asti, cugino di Giuseppe Comito già da qualche anno collaboratore di giustizia – depositate nel maxi-processo Scott Rinascita che fornirebbero anche nuovi elementi in merito alla tentata rapina, finita con un omicidio, a un tabaccaio di Asti e rafforzerebbero l’impalcatura accusatoria nei confronti di alcuni imputati coinvolti nel maxi-blitz e attualmente sotto processo nell’aula bunker di Lamezia Terme. Riferendo sull’omicidio di Manuel Bacco, il tabaccaio astigiano ucciso nel suo negozio il 19 dicembre del 2014, Antonio Guastalegname (per questo delitto condannato in primo e secondo grado – è pendente ricorso in Cassazione – a 30 anni di carcere unitamente ad altri 4 imputati, due dei quali vibonesi) racconta di essere stato contattato dopo la rapina da Nazzareno Colace che lo avrebbe invitato a scendere in Calabria. Una volta arrivato sarebbe stato portato in un villaggio di Pizzo «dove era latitante Giuseppe Antonio Piccolo», altro imputato condannato per l’omicidio Bacco. «Ho rassicurato Piccolo – dichiara il collaboratore – che non erano riusciti a ricollegarci all’omicidio e alla rapina. In quell’occasione – aggiunge – Colace e Piccolo mi rappresentarono di eliminare... (nome coperto da omissis) ed io risposi che troppe persone sapevano della vicenda e pertanto anche la commissione degli omicidi sarebbe stata facilmente ricondotta a loro». Ma, secondo quanto dichiarato da Guastalegname, Colace e Piccolo avrebbero insistito: «I due mi riferirono che gli omicidi si sarebbero dovuti fare perché siccome rischiavamo l’ergastolo anche da Limbadi avevano dato il consenso all’esecuzione. Nelle cellette del Tribunale – aggiunge il pentito – Piccolo si lamentò della condotta di mio figlio che aveva reso dichiarazioni e subito dopo mi disse che, per risolvere la vicenda, come sostenuto da “Zio Luigi”, avrebbero dovuto dare la colpa al figlio del carabiniere, altrimenti sarebbero successe cose brutte». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro

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