«La presenza di questo entusiasmo dei ragazzi mi dice che è possibile cambiare». A dirlo il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri nel corso della manifestazione di consegna del premio nazionale «Diego Tajani" avvenuta nella sala «Falcone e Borsellino» a Cutro. Il procuratore, che è stato minacciato di morte proprio dal clan cutrese dei Grande Aracri, ha partecipato alla manifestazione organizzata dal «Centro studi Diego Tajani», dedicato al magistrato e politico nato a Cutro nel 1827 che per primo denunciò in Parlamento l’esistenza di collusioni tra la criminalità organizzata e la politica.
Accolto dagli applausi degli studenti in sala e della folla in strada, Gratteri ha detto che «non conviene delinquere ma bisogna alzare la testa e dire: ce la possiamo fare. Non rassegniamoci perché la rassegnazione è linfa per le mafie, per le massonerie deviate, per i centri di potere che non vogliono un popolo libero e felice. Oggi c'è la conferma che siamo sulla strada giusta: per combattere la mafia dovete studiare. Oggi l'incultura è più diffusa e basta andare sui social per capire il livello. Per questo dovete allenarvi a studiare. E' fondamentale, lo studio diventa dipendenza e serve a costruirsi un futuro ed avere lavoro».
Riguardo le ultime operazioni della Dda di Catanzaro che, anche grazie alle denunce degli imprenditori, hanno colpito i clan di Cutro, Gratteri ha spiegato che «i calabresi non sono omertosi, parlano se hanno interlocutori credibili ed affidabili perché parlando mettono la loro vita nelle loro mani. Se siamo credibili, affidabili e capaci allora la gente si affida a noi. Ora tanta gente viene a trovarmi in ufficio a raccontarmi le vessazioni che subisce dalle mafie». Alla domanda su come mai le mafie si siano spostate al nord, Gratteri ha risposto: «Non sono arrivate con il soggiorno obbligato. La mafia per esistere deve avere interconnessione con la società, gli serve il consenso popolare. Non sono andati con la lupara ma proponendo appalti in modo concorrenziale, con operai sottopagati e senza assicurazioni. C'è stato un abbraccio tra imprenditori mafiosi del sud e imprenditori ingordi del Nord: la loro dipendenza dal denaro ha portato al patto con i mafiosi».
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