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'Ndrangheta a Catanzaro, i rapporti di Pittelli con le logge romane

Gli atti del Csm sulla cena che si svolse nel marzo del 2018 a casa dell’ex senatore di Forza Italia

«Bisogna capire la peculiarità dell’attività della ‘ndrangheta a Catanzaro, è emerso in vari processi lo stretto rapporto tra le ‘ndrine del luogo e la massoneria, circa la possibilità che uno stesso soggetto appartenga ad entrambe le associazioni, come regola per moltiplicare il potere di influenza sulla politica, sulla pubblica amministrazione, sugli apparati giudiziari anche per condizionare l’esito del processo». Così l’ex pm di Palermo e ora consigliere del Csm Nino Di Matteo spiega la singolarità della ‘ndrangheta nel capoluogo calabrese. Meno incline alla violenza ma capace di infiltrarsi, inosservata, nei centri di potere grazie, secondo le ipotesi della magistratura inquirente, ad alcuni personaggi “cerniera”.

È questo il ruolo che avrebbe avuto l’avvocato ed ex senatore di Forza Italia Giancarlo Pittelli, attualmente agli arresti domiciliari con l’accusa di concorso esterno nell’ambito dell’inchiesta Scott Rinascita. Di Matteo ha parlato delle ombre massoniche sulla città durante il suo intervento al plenum del Csm che ha esaminato la posizione dei due giudici catanzaresi, Giuseppe Perri e Pietro Scuteri, che nel marzo 2018 parteciparono a una cena a casa di Pittelli. Leggendo l’istruttoria compiuta sinora dalla prima Commissione di Palazzo dei Marescialli (chiamata adesso a un supplemento di attività prima di decidere sulla sorte dei due magistrati) emerge come a quella «cena per soli uomini» ci sia stato un convitato di pietra, la massoneria appunto.

Le cene romane

In una informativa del Ros che descrive quanto accaduto a casa Pittelli durante quella cena, si spiega che, prima dell’arrivo dei due magistrati, l’ex parlamentare avesse intrattenuto gli altri suoi ospiti con i racconti delle sue frequentazioni dei templi massonici nella Capitale. Parlando con due avvocati, Pittelli si era riferito a «non meglio precisate cene a Roma» e aveva detto di essersi recato nella sede «delle logge massoniche romane». Lo stesso avvocato, durante il processo, ha ammesso la sua appartenenza massonica spiegando però di avervi aderito nel 1984 e di averla lasciata negli anni 90. «Dopo pochi mesi - ha raccontato - mi resi conto che non era per me interessante, la ritenevo una perdita di tempo. Feci forse dieci riunioni, mai manifestazioni, mi dedicai solo al lavoro e alla politica». Non sarebbe andata così invece secondo gli investigatori del Ros e della Dda di Catanzaro secondo i quali Pittelli avrebbe avuto non solo un’appartenenza alla massoneria ufficiale ma anche a quella occulta.

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