Torna l’estate, e con essa i più classici dei tormentoni. Ma non solo in campo musicale. Con la bella stagione, infatti, puntualmente si riaffaccia il solito refrain sul turismo: mancano gli addetti. Sono i lavoratori stagionali del turismo, un esercito che arriva a sfiorare nella nostra sola provincia circa le 7mila unità. Si parla di giardinieri, manutentori, addetti alle pulizie, personale di sala, camerieri, receptionist, bagnini e tante altre figure che per un periodo ben preciso, che quasi mai arriva a coprire l’intera annualità, si trovano impiegati nel comparto del turismo. Ma per quale ragione non si trovano questi lavoratori? Il punto di rottura sembra essere sempre uguale e divide da una parte gli imprenditori, dall’altra i lavoratori e le categorie sindacali. Sul banco degli imputati finisce sempre il cosiddetto reddito di cittadinanza, che a quanto pare “distrarrebbe” i potenziali lavoratori da un impiego sicuro, anche se a tempo determinato. Ma la realtà non sembra essere sempre così, però, e a condizionare le scelte occupazionali di giovani e meno giovani potrebbero esserci ragioni ben diverse. L’intero comparto turistico, si sa, nel periodo estivo, ha le potenzialità per raddoppiare il suo fatturato, con «milioni di euro per tutto l’indotto». Ma stando a quanto denunciano dal fronte sindacale, proprio per la stagionalità che lo caratterizza, questi profitti difficilmente vengono redistribuiti sul lavoro. È facile trovare, infatti, casi di lavoro non regolare: oltre il 35% lavora in nero e il 15 % è costituito da lavoratori immigrati. Numeri e percentuali, suscettibili di cambiamento, e che potrebbero anche crescere in questa stagione balneare. E proprio la necessità di lavoro, li renderebbe sempre più deboli e di conseguenza più ricattabili, costretti ad accettare forme di lavoro irregolare pur di mantenere il posto. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro