Sul banco degli imputati nel processo al mare inquinato siede da qualche decennio il fiume Mesima. In tanti sono pronti ad accusare, in pochi tentano la difesa, nessuno interviene per eliminare i problemi alla fonte. Problemi ben noti a forze politiche, enti e istituzioni, che, però, faticano sempre più ad andare oltre le parole. Per certo, il Mesima, nei suoi 55 chilometri di corsa verso il mare, riceve non solo l’apporto di numerosi affluenti, ma anche quello degli scoli fognari di una ventina di comuni, che, nel terzo Millennio, sono ancora privi di depuratori. Stando alle valutazioni degli esperti, a creare più danni sono il Metramello e il collettore Vena, che raccolgono i liquami fognari di Rosarno per poi portarli verso il mare. Proteste, petizioni, denunce, non sono mai mancate. I cittadini fanno il loro dovere, nessuno li ascolta. Sarà così per sempre? Non è detto. Alla fine della fiera, ci sono in campo anche iniziative che lasciano ben sperare. Sono ancora da utilizzare, infatti, i fondi che la Regione ha stanziato nel 2017 per dotare di impianti di depurazione i comuni che ne sono ancora sprovvisti, mentre, nei giorni scorsi, su iniziativa del consigliere Ferdinando Laghi, è arrivata nella quarta commissione regionale la proposta di legge del Wwf depositata nel 2019 e mirata a istituire una riserva naturale alla foce del Mesima.