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Caporalato “piaga” del Lametino. Le bugie per attirare i lavoratori

Emergono nuovi retroscena sull'indagine condotta dalla Procura. Sgominato il sistema messo a punto da un’organizzazione bulgara. Decisive le testimonianze di alcuni braccianti stanchi dei soprusi

Un inganno sistematico per reclutare braccianti da mandare a lavorare nei campi. L’organizzazione bulgara smantellata dai carabinieri della Compagnia di Girifalco agiva senza scrupoli, mentendo deliberatamente ai propri connazionali, illudendoli che una volta arrivati in Italia avrebbero trovato un lavoro e una sistemazione dignitosi, ma l’illusione era destinata a durare il tempo del viaggio, finché non scoprivano l’inferno in cui, invece, erano costretti a vivere e lavorare, sfruttati e minacciati.
Le indagini, coordinate dalla Procura di Lamezia Terme, hanno fatto emergere la piaga del caporalato nelle campagne dell’hinterland lametino e i metodi utilizzati dall’associazione criminale. Emblematica è la conversazione captata fra il capo dell’organizzazione Mitko Angelov e un suo connazionale. «Mi ha detto che avete intenzione di venire in Italia a lavorare?» – chiede Mitko e il suo connazionale gli risponde: «Ah fratello mio com’è il vostro lavoro? Si lavora in un campo all’aperto o al chiuso?». E Mitko: «Fratello, di solito si lavora fuori, ma anche sotto un posto al coperto». Poi l’interlocutore gli chiede informazioni sulla retribuzione e sui contributi e sull’eventuale copertura assicurativa in caso di cure mediche per incidenti sul lavoro e Mitko lo rassicura: «tutto, copre tutto».

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