Da più di trent’anni in un limbo amministrativo. Da quasi 15 si ritrovano ad operare a contatto diretto con i pazienti, ma senza l’adeguato riconoscimento professionale e il previsto trattamento economico. La situazione vissuta da circa 80 psicologi in servizio presso le Asp calabresi è una polveriera di malcontento e sfiducia nelle istituzioni perché, secondo quanto denunciano alcuni di loro a tutt’oggi in servizio, negli anni non è stata riconosciuta la loro professionalità nonché il loro ruolo di sostegno sociale. La storia inizia nel 1990 – ci racconta uno di loro – quando la Regione li chiamò per operare presso i Comuni e occuparsi, ad esempio, dell’inserimento sociale e scolastico dei minori in affiancamento ad altre figure professionali. La legge regionale 57/1990 sulle equipe socio-psico-pedagogiche, che regolamentava la loro attività, li inquadrava così come dipendenti regionali e tale status è rimasto in essere anche quando, nel 2008, sono stati assegnati alle Asp. Ma nel passaggio dai Comuni alle Asp, il servizio si è evoluto ed è cambiato nella sua essenza, portando gli psicologi ad effettuare attività sanitaria a contatto con i pazienti nei consultori e negli ambulatori distribuiti sul territorio. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro