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Vibo, i rapporti pericolosi del clan Anello con la politica "locale e nazionale"

Le motivazioni della sentenza “Imponimento". Il giudice ha ritenuto credibile (condannandolo) il pentito Angotti, secondo cui la cosca in passato avrebbe sostenuto Francesco De Nisi

Il “locale” di Filadelfia ha una storia «parzialmente diversa» rispetto alle altre cosche di ‘ndrangheta della zona perché, a fronte di un dissidio datato con i Mancuso, gli Anello «vantano antichi legami con i Bellocco di Rosarno e, anche in virtù della vicinanza territoriale al territorio lametino, volgono le loro attenzioni su quel versante». Secondo il giudice Francesco Rinaldi – che lo scrive nelle motivazioni della sentenza in abbreviato scaturita dall’inchiesta “Imponimento” della Dda di Catanzaro – è «assolutamente condivisibile» la valutazione del pm sul fatto che gli Anello-Fruci siano uno dei sodalizi di 'ndrangheta «più potenti e pericolosi dell'area vibonese». Per storia, vocazione, collocazione geografica, hanno «sempre intrattenuto stretti rapporti con le cosche del lametino e con quelle delle Serre vibonesi», manifestando «tendenze espansionistiche nelle aree circostanti (soprattutto verso il territorio di Pizzo Calabro, “incontrandosi” con i Bonavota di S. Onofrio) e dovendo «necessariamente, “fare i conti” con l'egemonia della cosca Mancuso». Con il clan di Limbadi gli Anello si sono relazionati in passato in termini «anche conflittuali», mentre di recente, in particolare con la pax mafiosa favorita dalle strategie di Luigi Mancuso, si è concretizzata una «armonica e fisiologica spartizione del potere mafioso».
Il giudice ritiene provata la «scientifica infiltrazione di interi settori dell'economia (tra i quali quelli di “elezione” del sodalizio, quello turistico alberghiero, il settore dell'energia eolica, il settore del taglio boschivo)». Ma emergono anche «i rapporti con la politica locale e nazionale e, purtroppo, con esponenti delle forze dell'ordine».

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