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Viaggio tra i “dimenticati” di Catanzaro: tante promesse (vane) sui clochard

La loro presenza in diversi quartieri è ormai diventata una costante. Le Istituzioni preposte chiamate a fornire adesso risposte concrete

È come se facessero parte dell’arredo urbano. Di quello a cui si è così tanto abituati da passare inosservato. Stanno seduti o sdraiati sulle panchine del centro storico, occupano gli ex luoghi più “in” della città. Tutti li vedono ma per molti passano inosservati. La loro presenza è divenuta un’abitudine. Una vergognosa abitudine di questa città. Perché, le loro persone, non sono sinonimo di buona estetica o di quella civiltà di cui poterne decantare il vanto.
Catanzaro è anche la città dei senza dimora, dei clochard, dei barboni. Persone che, oltre ad essere prive di un luogo dove vivere, hanno alle spalle storie di disgregazione, difficoltà relazionali e psicologiche tali da non riuscire a sentirsi parte del mondo. I senza dimora non si devono confondere con i senza tetto, che, generalmente, possono avere anche un lavoro e una famiglia ma, non un alloggio in cui vivere. I senza dimora a Catanzaro sono tanti. Vivono in condizioni di povertà estrema, dove la povertà non ha solo un significato socioeconomico, ma si caratterizza con il ritiro da tutti i rapporti sociali. Vivono sotto gli occhi di tutti, principalmente di chi dovrebbe garantire loro una vita dignitosa. Ma rappresentano un problema che è meglio non vedere.
E se di notte, specialmente in inverno, trovano riparo in zone come Galleria Mancuso, l’ex stazione ferroviaria, via delle Repubbliche marinare nel quartiere di Lido, alcuni androni del centro storico, durante l’estate li vediamo sonnecchiare sulle panchine dei giardini Nicholas Green, del lungomare oppure di Giovino.

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