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I Mancuso e il pentito in famiglia: “Se sbaglia... qualcuno lo sgozza”

Le intercettazioni confluite nell’inchiesta della Dda di Milano. «Allerta» tra i parenti per la decisione di Emanuele: «Sta infamando»

Emanuele Mancuso

«Fibrillazione» e «allerta» sono due delle parole usate dai magistrati di Milano per descrivere lo stato in cui si mostrano alcuni personaggi che ruotano attorno alla “galassia” Mancuso nell’estate del 2018. Nel luglio di quell’anno comincia infatti a circolare la notizia del pentimento di Emanuele Mancuso, il primo collaboratore di giustizia con un cognome e un’appartenenza così pesante. Così anche nel contesto in cui gli inquirenti lombardi indagano per l’inchiesta “Medoro”, portata a termine nei giorni scorsi con l’esecuzione di quattro misure cautelari, si percepisce parecchia «preoccupazione».
Diversi dei 30 indagati – accusati a vario titolo dalla Dda di Milano di associazione mafiosa, estorsioni e traffico di droga – commentano «con toni aspri e indignati» il percorso di collaborazione del rampollo della famiglia. Qualcuno come Luigi Aquilano – il principale indagato in “Medoro”, che è genero del boss ultraottantenne Antonio Mancuso – si mostra a tratti sicuro del fatto che Emanuele non sappia nulla delle sue attività a Milano. Ma parlando con la moglie (non indagata), figlia del fratello più anziano del “Supremo” Luigi Mancuso, prova a toccare l’argomento al telefono con lei che cambia «volutamente il discorso».

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