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Isola Capo Rizzuto, le mani dei clan sulle ferrovie. Quattordici scelgono l’abbreviato

Ingerenze degli affiliati alla cosca Arena di Isola Capo Rizzuto nei lavori di ammodernamento appaltati da Rfi (parte offesa)

Dal dibattimento al rito abbreviato. Quattordici dei 15 imputati coinvolti nell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Milano sulle presunte infiltrazioni della cosca Arena-Nicoscia di Isola di Capo Rizzuto nei lavori di «armamento e manutenzione» appaltati in tutto il Paese da Rete ferroviarie italiane (parte offesa), hanno scelto il rito alternativo (che in caso di condanna prevede lo sconto di un terzo della pena). A maggio, invece, la sostituta procuratrice Bruna Albertini aveva disposto nei loro confronti il giudizio immediato stralciando il procedimento dal troncone d’indagine più corposo che vede indagate altre 41 persone. L’udienza si terrà il 17 ottobre davanti al gip del Tribunale meneghino, Luca Milani. Associazione per delinquere, distruzione di documenti contabili, bancarotta fraudolenta e truffa, tutti aggravati dal metodo ‘ndranghetistico: sono queste le contestazioni che a vario titolo gravano sugli accusati. L’operazione, scattata l’11 febbraio scorso con l’esecuzione di 15 arresti da parte della Guardia di Finanza, ha svelato la presunta capacità del gruppo Aloisio-Giardino, attivo tra Varese e Milano, di mettere le mani sugli interventi di ammodernamento delle reti ferroviarie nazionali, sfruttando gli «indissolubili vincoli di parentela» con i clan isolitani. Come? Attraverso un sistema di «subappalti mascherati» che, tra il 2014 e 2020, avrebbe coinvolto anche le grandi società appaltatrici d’Italia alle quali veniva fornita la manodopera da parte di aziende riconducibili agli uomini del clan.

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