La Dda ha aperto un’ulteriore breccia nel muro della gestione rifiuti nel capoluogo, portando alla luce il presunto giro di mazzette attorno al servizio e, mettendo nero su bianco, le ingerenze dei clan nel settore.
Attività che – svolta da Carabinieri e Guardia di finanza – “legge” altre pagine del corposo volume che racconta la gestione della nettezza urbana in città in parte già “riletto” dalla Procura ordinaria di Vibo che, attraverso altre indagini, ha cercato di squarciare il velo stratificato sulla gestione del servizio nel corso di oltre vent’anni.
Un filo che la Dda di Catanzaro, guidata dal procuratore Nicola Gratteri, sta cercando di riavvolgere anche grazie all’apporto delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Andrea Mantella e Bartolomeo Arena. Le recenti misure cautelari – emesse dal gip distrettuale Maria Cristina Flesca – rappresentano un primo step di un’attività ancora in itinere e che potrebbe riservare ulteriori sorprese.
Comunque sia rimane la gravità del quadro emerso dalla recente operazione, che descrive i tentativi della ’ndrina Pardea-Ranisi di riconquistare il territorio dopo la batosta del maxi-blitz Scott Rinascita – anche con minacce, intimidazioni e richieste estorsive alle ditte impegnate nei lavori per il nuovo ospedale o in quelli relativi all’ecobonus – e al contempo porta il gip distrettuale a fare gravi considerazioni in merito al settore rifiuti che «specie nella città di Vibo Valentia – scrive nell’ordinanza applicativa delle cinque misure cautelari – è da tempo controllato dalla criminalità organizzata, capace di incidere sulle assunzioni, sugli appalti e sui vari servizi connessi al comparto».
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