Nulla di fatto. Rimane in cella la 41enne A. P. che lo scorso venerdì è finita in manette con l’accusa di concorso anomalo in tentato omicidio per aver organizzato, con la figlia di 17 anni ristretta in una casa famiglia, la spedizione punitiva che l’11 agosto scorso ridusse in fin di vita Davide Ferrerio, il 20enne bolognese preso a calci a pugni da Nicolò Passalacqua per un errore di persona mentre si trovava in vacanza a Crotone con la sua famiglia. Ieri, il gip del Tribunale di Crotone, Michele Ciociola, ha rigettato l’istanza di scarcerazione avanzata dalla difesa della donna al termine dell’interrogatorio di garanzia. «Non ho istigato io Passalacqua», ha detto la donna rispondendo alle domande del giudice delle indagini preliminari. E ancora: «Non credevo che la situazione potesse degenerare così», ha aggiunto. Allo stesso modo, anche la 17enne s’è difesa davanti al gip del Tribunale dei minori di Catanzaro, smentendo la tesi accusatoria secondo la quale avrebbe contribuito ad orchestrare l’imboscata che scatenò la furia di Passalacqua. Di parere opposto sono Procura e Squadra mobile di Crotone che dopo l’arresto dell’aggressore per tentato omicidio, avvenuto nelle ore successive al pestaggio del 20enne, hanno messo sotto la lente le posizioni della 41enne e della minore per aver messo in piedi il drammatico appuntamento contro l’uomo di 31 anni, reo di flirtare sui social con la giovane.
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