Collaboratori di giustizia e testimoni oculari credibili così come vengono confermate le aggravanti mafiose e della premeditazione. Questo, in sintesi, quanto contenuto nelle 21 pagine di motivazioni della Corte di Cassazione sull’omicidio di Ferdinando Rombolà freddato a colpi di 357 Magnum nel pomeriggio del 22 agosto 2010, su una spiaggia ancora affollata di persone alle porte di Soverato. Definitivi quindi gli ergastoli per il 69enne Fiorito Procopio (difeso dagli avvocati Salvatore Staiano e Vincenzo Cicino) e il 51enne Michele Lentini (difeso dagli avvocati Nicola Cantafora e Staiano) ritenuti i mandanti del delitto. La Suprema Corte ha quindi confermato che quell’agguato va inserito nel barbaro quadro della Faida dei boschi, che tra il 2008 e il 2010 provocò una scia di morti nell’intero Basso Ionio soveratese e anche a cavallo con le province di Reggio e Vibo Valentia. Resta un ultimo tassello. La Cassazione ha infatti rinviato gli atti alla Corte di Assise d’Appello di Catanzaro per la posizione di Pantaleone Gullà. I giudici capitolini hanno infatti ritenuto fondato il ricorso del procuratore generale di Catanzaro sulle attenuanti generiche concesse a Gullà nel processo di secondo grado sull'assunto che i precedenti penali non sarebbero stati particolarmente gravi . Per la Cassazione la scelta della corte d'Assise d'Appello in questo caso è «prima ancora che illogica, emessa in totale violazione di legge».
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