I soldi che gli imputati avrebbero percepito indebitamente dall’Inps e dall’Arcea li ha definiti come un «Reddito di cittadinanza ante litteram e di sopravvivenza»; mentre il presunto sistema fraudolento messo in piedi per fruire delle erogazioni pubbliche «una centrale dei falsari perfetta».
Ieri ha usato anche queste analogie il procuratore di Crotone, Giuseppe Capoccia, nel corso della sua requisitoria al processo di primo grado a carico di 42 persone, scaturito dall’inchiesta “Vaso di Pandora” su diverse presunte truffe seriali ai danni di Inps e Arcea (l’azienda regionale che si occupa di erogazioni agricole), che venne alla luce il 28 novembre 2018 con l’esecuzione di 11 misure cautelari da parte della Guardia di Finanza di Crotone.
Al termine di oltre un’ora di discussione, il pubblico ministero ha chiesto al Tribunale di Crotone presieduto da Elvezia Cordasco (a latere i giudici Assunto Palumbo e Giuseppe Collazzo) la condanna di otto imputati - tra i quali figura anche l’ipotizzato promotore dell’organizzazione truffaldina, il commercialista Emanuele Chiriaco al quale vengono contestate 42 truffe aggravate – poi 32 assoluzioni e due proscioglimenti per intervenuta morte del reo.
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