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Lamezia, la nuova vita dei beni confiscati al malaffare: tanti ancora da assegnare

Sono numerose le strutture tolte alla criminalità e gestite dalle associazioni

L'immobile assegnato alla comunità "Progetto Sud" in via dei Bizantini a Lamezia Terme

«Ti facciamo saltare in aria a te e ai tuoi mongoloidi». Una minaccia di stampo chiaramente mafioso, un’orribile espressione che fa parte della lunga storia dello stabile a tre piani di via Dei Bizantini. È la grande casa confiscata alle ‘ndrine locali che nei primi anni del 2000 è stata assegnata alla comunità Progetto Sud fondata e presieduta da don Giacomo Panizza. La frase minacciosa, un macabro saluto di benvenuto, è stata diretta a lui e alle persone con disabilità che facevano e ancora fanno parte della comunità e che sono andate a vivere nell’immobile sottratto al malaffare, poi denominato “Pensieri e parole”. Negli anni le minacce, tutte di estrema gravità, si sono ripetute continuamente ma il sacerdote bresciano e i suoi tanti collaboratori, non si sono lasciati intimidire e sono andati avanti con le loro attività di sostegno a favore delle categorie più svantaggiate, a sostegno di chi non ha voce in questa nostra complessa e difficile società in cui viviamo. Oggi, lo stabile di Capizzaglie è un modello da mutuare anche su altri territori; un esempio positivo e propositivo di bene confiscato co-gestito, al cui interno convivono e operano diverse realtà associative.

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