Erano convinti di non essere intercettati. I giovani, indagati nell’inchiesta condotta dai carabinieri della Compagnia di Soverato, che venerdì scorso nel corso di un blitz hanno smantellato una gang criminale operativa nel Basso Ionio soveratese, dialogavano tranquillamente al telefono, senza minimamente immaginare che gli investigatori li stessero ascoltando. È quanto emerge dalle pagine dell’ordinanza, firmata dal gip Gabriella Pede e notificata a 8 delle 11 persone, coinvolte nell’inchiesta, di cui 3 minorenni. Il provvedimento restrittivo ha disposto il carcere per Giuseppe Carioti (20 anni, di Guardavalle); Nicola Chiefari (20 anni, di Gasperina); Cosimo Bruno Franzè (21 anni) e Damiano Antonio Franzè (21 anni) ambedue di Serra San Bruno. Sono finiti invece agli arresti domiciliari: Vincenzo Celia (22 anni, detto il Mastro, di Montepaone); Ali Chalbi (19 anni, Isca sullo Ionio); Antonio Migale (34 anni, Montauro); Amodio Christian Tucci (19 anni, di Isca). Per quanto riguarda gli indagati minorenni, due sono stati collocati nelle comunità ministeriali per i minorenni e uno nell’istituto penale per minorenni di Catanzaro. Sicuri di non essere monitorati, gli indagati si esprimevano senza usare un linguaggio criptico, parlando di come eludere i controlli dei carabinieri, della riscossione dei proventi dell’attività di spaccio e dei luoghi di occultamento della droga. I tanti indizi raccolti a loro carico dagli investigatori, infatti, consistono non solo nel sequestro di sostanze stupefacenti, ma anche nella mole di intercettazioni, al punto che il gip fa riferimento all’ipotesi di “droga parlata”. In una conversazione captata del 16 marzo scorso, Chiefari e un indagato minorenne fanno riferimento all’esistenza di un deposito nel quale era stata nascosta la droga. Il deposito in questione era l’abitazione della madre di Chiefari, a Petrizzi. Ma l’abitazione di famiglia a Petrizzi non era l’unico locale a disposizione dell’organizzazione per nascondere e custodire la marijuana o l’hashish. In un’altra conversazione captata a bordo dell’auto con cui si stavano recando a Serra San Bruno, Chiefari e il minorenne fanno riferimento a un casolare, utilizzato per il ricovero degli ovini, dove avevano appuntamento con Cosimo Bruno Franzé per approvvigionarsi dello stupefacente, così come concordato con Giuseppe Carioti, indicato come il capo dell’organizzazione. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro