La giustizia per una donna del comprensorio di Soverato arriva dopo 27 anni dalla manovra errata che, nel giorno in cui ha dato alla luce la sua prima figlia, ha cambiato la sua vita per sempre privandola della possibilità di diventare madre per una seconda volta. La Corte di Cassazione emette il suo verdetto e ribalta le due precedenti sentenze con cui non si era riconosciuta la responsabilità dell’equipe in servizio all’epica della vicenda, nell’ospedale di Chiaravalle per l’isterectomia da lei subita. Il nastro si riavvolge al 3 aprile del 1996 quando la donna, poco più che trentenne, all’epoca dei fatti, era stata ricoverata in occasione del parto nel reparto di Ostetricia dell’Ospedale civile chiaravallese. Un parto spontaneo, agevolato dalla manovra di Credè, la particolare compressione del fondo e del corpo dell’utero per favorire quello che in medicina si definisce come “secondamento”, l’espulsione degli annessi fetali (placenta, funicolo ombelicale e sacco amniotico) al termine del parto. Tutto apparentemente senza problemi, in una situazione che, però, da lì a poco sarebbe precipitata. La sentenza ricostruisce nel dettaglio le complicanze partite da una perdita ematica fronteggiata con una serie di interventi chirurgici che non hanno evitato il coma della donna, trasferita d’urgenza nel più attrezzato ospedale di Catanzaro in cui è stata prima ricoverata in rianimazione e poi sottoposta a un nuovo intervento chirurgico per subire l’asportazione dell’utero. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro