«Dentro Isola non si deve muovere nessuno senza il consenso di Salvatore Capicchiano». Ad Isola Capo Rizzuto, nel 2018, i clan erano pronti a darsi battaglia per il controllo dei traffici illeciti e, soprattutto, degli affari legati all’imposizione delle slot machines nelle attività commerciali. Da qui prese le mosse il blitz della Dda di Catanzaro che, il 20 dicembre 2018, portò all’esecuzione di 23 fermi da parte dei poliziotti della Squadra mobile di Crotone al fine di sventare una «guerra di mafia» in provincia. Lo ha ribadito la Cassazione nelle motivazioni della sentenza con la quale, l’1 dicembre 2022, ha messo il sigillo sull’operazione “Tisifone” che disarticolò le nuove leve delle cosche di Isola Capo Rizzuto, Papanice e Petilia Policastro. La Suprema Corte ha infatti confermato le 15 condanne comminate il 24 settembre 2021 dalla Corte d’Appello di Catanzaro, stabilendo un nuovo giudizio di secondo grado per tre imputati.
Le indagini dimostrarono che saltata la “pax” sancita nel 2006 con gli introiti che garantiva il Centro d’accoglienza per migranti di Sant’Anna dopo gli arresti scattati nel 2017 con l’inchiesta “Jonny”, sorsero una serie di contrasti interni alle ‘ndrine isolitane: da una parte c’erano i Capicchiano (capeggiati da Salvatore Capicchiano), dall’altro le famiglie Nicoscia-Arena-Gentile guidata da Antonio Nicoscia, quest’ultime affiancate dai Megna di Papanice e dal clan di Petilia Policastro. Atti intimidatori e danneggiamenti nei confronti di imprenditori, commercianti e privati cittadini di Isola – ripercorrono gli ermellini – furono concomitanti con le scarcerazioni di Salvatore Capicchiano (pena definitiva a 10 anni e 8 mesi di carcere) e Antonio Nicoscia (altro processo d’appello).
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