Catanzaro, Crotone, Vibo

Martedì 07 Maggio 2024

Catanzaro, le mani delle cosche sull’economia: reggono le accuse contro i Lobello

La sede del gruppo imprenditoriale Lobello a Catanzaro

Regge anche davanti alla Corte d’Appello il castello accusatorio dell’inchiesta Coccodrillo che ha portato alla confisca delle imprese del Gruppo Lobello attivo nel settore edile. La Corte di appello di Catanzaro, presidente Caterina Capitò, a latere Carlo Fontanazza e Assunta Maiore, ha ridotto le pene nei confronti di Antonio Lobello, condannato a 3 anni di reclusione e al pagamento di 5.666, (in primo grado erano stati 4 anni, 8 mesi e 8mila euro di multa) e di Daniele Lobello, a cui sono stati inflitti 3 anni, 4 mesi e 6mila euro di multa (in primo grado aveva avuto una condanna a 4 anni, 8 mesi e 8mila euro di multa). Il collegio difensivo era composto dagli avvocati Stefano Nimpo, Saverio Loiero, Francesco Gambardella, Enzo De Caro, Davide De Caro e Piero Mancuso Secondo gli inquirenti grazie ad un sistema di società, formalmente intestate a terzi ma tuttavia gestite dai Lobello, avrebbero cercato di sottrarre il proprio patrimonio da possibili sequestri dopo che, tra l’altro, alcune loro società erano state attinte da interdittive antimafia emesse dalla Prefettura. Dalle investigazioni dei finanzieri, che si sono avvalsi di intercettazioni e dichiarazioni di collaboratori di giustizia, sarebbe emerso un legame mantenuto nel tempo dalla famiglia Lobello con il clan Mazzagatti di Oppido Mamertina, ma anche il rapporto con il clan Arena e altre cosche del crotonese, tra cui quella riconducibile a Nicolino Grande Aracri. Nel maggio 2021, i finanzieri, coordinati dalla Dda, hanno eseguito un provvedimento di sequestro preventivo di beni per un valore di oltre 200 milioni di euro nei confronti dei tre imprenditori. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro

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