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Catanzaro, parla il nuovo pentito: “Il boss che cacciò i corleonesi”

Domenico Guastalegname descrive la figura di Luigi Mancuso. L’infiltrazione nella curva della Juventus e gli accordi con il gruppo dei Drughi. Il processo da aggiustare, «mi dissero che avrebbero sistemato tutto con Pittelli»

Così potente che «aveva cacciato i corleonesi dalla Calabria». È la descrizione del boss Luigi Mancuso fornita da Domenico Guastalegname. Appena 29 anni e già una condanna a 30 anni di galera per concorso in omicidio, da settembre scorso ha deciso di collaborare con la giustizia così come aveva già scelto di fare il padre Antonio. Ora i suoi primi verbali sono stati depositati nel maxi processo Scott Rinascita. Per il pm Antonio De Bernardo gli «elementi investigativi emersi presentano ulteriori ed irrinunciabili caratteri di novità rispetto al compendio probatorio in atti, e la cui acquisizione si appalesa come assolutamente necessaria». Il giovane Guastalegname infatti ha raccontato ai magistrati della Dda di Catanzaro degli affari illeciti dei clan vibonesi dalla Calabria fino in Piemonte, dell’infiltrazione in appalti pubblici e dei tentativi di infiltrarsi nell’economia del Nord, ma anche di spaccio di stupefacenti e di tentativi di “aggiustare” i processi.
La “conquista” della curva Dai verbali del nuovo collaboratore sono emersi elementi ritenuti importanti in ordine al traffico di sostanze stupefacenti riconducibile a Giuseppe Antonio Accorinti, ritenuto elemento di vertice del clan di Zungri. «Guastalegname - scrive il pm De Bernardo - ha fornito importanti elementi in ordine all'interesse di Accorinti per avviare la piazza di spaccio ad Asti grazie alle sue conoscenze in ambito criminale in quella provincia, tra cui i cosiddetti Sinti, nonché il gruppo di tifoseria della Juventus cosiddetti Drughi».

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