«Quella c.... di macchina ... è mia», «Qua finisce male!», «Finisce male, ti uccido!». E ancora: «Cosa ci fai ancora qui?! Io ti uccido! Te ne devi andare!», «Tanto io mi prendo tutto! Questa è mia!». Sono le parole che Nicola Comberiati, il presunto reggente della cosca di Petilia Policastro, a gennaio 2021, avrebbe rivolto ad un uomo di Cotronei per costringerlo a cedergli l’auto, un'Alfa Romeo Stelvio, che il malcapitato aveva già deciso di vendere ad un acquirente col quale s'era già accordato. L’episodio legato ad una contestazione del reato di estorsione compare nel provvedimento cautelare emesso nell'ambito dell’inchiesta coordinata dalla Dda di Catanzaro che, all'alba di venerdì, ha portato all'esecuzione di sei arresti da parte carabinieri nei confronti si sei persone legate direttamente o colluse con il clan di Petilia Policastro, attivo anche a Cotronei. Dall’episodio specifico emerge e si conferma la presenza e il “peso” soffocante della ’ndrina nel territorio dell’Alto Marchesato da Foresta di Petilia alle propaggini silane. Le indagini – come ricostruito dai pm Domenico Guarascio e Pasquale Mandolfino – avrebbero soprattutto permesso di accertare le collusioni tra imprenditoria locale e ‘ndrangheta con Robert Oliveti che si sarebbe rivolto a Nicola Comberiati (figlio del boss Vincenzo Comberiati detenuto in carcere), per risolvere a suo favore i dissidi sorti con la sorella sulla gestione di una clinica privata, della quale il 65enne imprenditore rivendicava la piena titolarità. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro