Ho sentito una botta, ero sopra. Mi sono salvato a nuoto, salendo sopra un legno. Ci ho messo mezz'ora ad arrivare in spiaggia a nuoto e a terra non c'erano ancora i carabinieri». A parlare è un superstite del naufragio del caicco "Summer Love", avvenuto a Cutro il 26 febbraio, costato la vita ad almeno 87 profughi. Il sopravvissuto è intervenuto davanti alla gip del Tribunale dei minori di Catanzaro, Donatella Garcea, durante l'incidente probatorio - iniziato venerdì - disposto nell'ambito dell'inchiesta che vede sott’accusa il 17enne pakistano, ritenuto dagli inquirenti uno dei presunti scafisti che avrebbe condotto l'imbarcazione. Nel racconto del teste c'è tutta la drammaticità degli attimi precedenti e successivi al tragico sbarco del natante che partito dalla Turchia è andato ad impattare su una secca. «Mi hanno detto - ha ricordato il naufrago rispondendo alle domande della pm della Procura minorile, Maria Rita Tartaglia, e degli avvocati - : “Vai con la nave e arrivi in Italia, senza specificare dove esattamente”. Era la prima volta che cercavo di venire. Sono salito su una prima nave bianca. Poi abbiamo cambiato barca. Non c'erano salvagenti in nessuno dei due casi. Il mare non ricordo se era agitato. Molte persone si sentivano male. In questo caso potevano salire sopra per poco. Il permesso lo dava il comandante. Sono salito su, si vedevano le luci dell'Italia, il mare era grosso, c'erano onde». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria