«Morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina": è il nuovo reato contenuto nel decreto Cutro, varato lo scorso 9 marzo dal consiglio dei ministri nella sua trasferta sul luogo del naufragio dei migranti, contestato per la prima volta ai trafficanti di esseri umani proprio in Calabria.
Nella fattispecie dalla procura della Repubblica di Locri che nei giorni scorsi ha sottoposto a fermo quindici presunti scafisti dopo gli sbarchi avvenuti il 23, 24 e 26 marzo scorsi a Roccella Ionica e Reggio Calabria dove sono approdati oltre un migliaio di migranti soccorsi in mare. I magistrati locresi hanno contestato a undici dei presunti scafisti il nuovo reato, introdotto appunto con l’articolo 12 del decreto Cutro, che prevede pene tra i 20 e i 30 anni di reclusione se durante le traversate o gli sbarchi si è verificata la morte di qualche migrante. A quattro egiziani e tre siriani, in particolare, viene contestata la morte di un giovane pakistano rinvenuto cadavere su una delle imbarcazioni soccorse al largo tra il 23 e il 24 marzo scorsi e dalle quali sono scesi 515 profughi nei porti di Roccella Ionica e Reggio Calabria. Stessa accusa contestata ad altri quattro egiziani ritenuti gli scafisti dello sbarco di 312 migranti avvenuto il 26 marzo ancora a Roccella Ionica, dove è giunto cadavere un cittadino siriano. Un esodo senza fine che si teme possa ritrovare vigore con l’approssimarsi della bella stagione.
Il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, ha affermato che lo scorso anno sulle coste calabresi sono approdate almeno 18 mila persone, senza contare i piccoli sbarchi che avvengono di continuo, ma quest’anno l’esodo potrebbe essere molto più consistente tanto da aver chiesto anche il rafforzamento delle strutture di accoglienza considerato che in Calabria esiste solo il Cara di Crotone.
Quanto alle indagini sul naufragio di Steccato di Cutro, si attende l’inizio dell’incidente probatorio - la prima udienza è fissata per il 5 aprile prossimo - a carico dei tre scafisti accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, omicidio colposo, lesioni colpose e disastro colposo: si tratta di un turco di 50 anni, un pakistano di 25 anni e un altro turco di 28 anni che attende di essere estradato dal'Austria dove si era rifugiato dopo il naufragio. Alle ultime battute, infine, l’incidente probatorio per il 17enne pakistano davanti al Tribunale dei minori di Catanzaro. Ma è dal secondo fascicolo, quello che riguarda eventuali ritardi e omissioni nella catena dei soccorsi al barcone dei migranti, che si attendono sviluppi importanti. Al momento, però, quel fascicolo è ancora contro ignoti e senza ipotesi di reato. In proposito il comandante generale del corpo delle Capitanerie di porto, l’ammiraglio Nicola Carlone, ha affermato che la Guardia costiera italiana non si è mai sottratta e mai si sottrarrà al soccorso verso chi è in pericolo in mare. Oggi, intanto è stato recuperato il cadavere della vittima numero 93 del naufragio di Cutro, un giovane dell’apparente età di 20 o 25 anni. Al momento dovrebbero essere ancora 8 i dispersi, mentre nella mattinata del 31 marzo hanno lasciato Crotone gli ultimi 32 superstiti rimasti ancora in Calabria con un volo diretto ad Amburgo.
Le testimonianze: barca affondata in 3-4 minuti, i soccorsi in spiaggia dopo un'ora
Tre-quattro minuti. Tanto ci ha messo il caicco carico di migranti ad affondare dopo l’urto contro la secca ad un centinaio di metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro. A riferirlo è stato stamani uno dei superstiti sentito nell’incidente probatorio al Tribunale dei minorenni di Catanzaro nel procedimento contro il 17enne sospettato di essere uno scafista. Un altro teste ha riferito di avere nuotato per circa un quarto d’ora. «Quando sono arrivato sulla spiaggia non c'erano soccorsi. Sono arrivati dopo un’ora circa, avevano una divisa blu». Un altro testimone, invece, ha riferito di avere impiegato 15-20 minuti ad arrivare sulla spiaggia aiutandosi con un legno e di avere visto, dopo qualche minuto, solo l’ambulanza. «Con un legno sono riuscito ad arrivare sulla spiaggia in un quarto d’ora. Sulla spiaggia non c'erano soccorsi, sono arrivati dopo, dopo circa un’ora: avevano una divisa blu». Lo ha detto oggi H. N., un giovane migrante sopravvissuto al naufragio di Steccato di Cutro (Crotone), nell’incidente probatorio al Tribunale dei minori di Catanzaro nell’ambito del procedimento a carico del 17enne pachistano indagato quale presunto scafista dell’imbarcazione affondata nelle acque dello Jonio il 26 febbraio scorso. A essere ascoltati dal gip minorile di Catanzaro oltre a H. N. sono stati altri tre superstiti, tutti pachistani: A. S., S. M. S. e K. K.. I testimoni hanno raccontato i vari momenti del viaggio sul caicco poi naufragato. «Il mare ha cominciato ad agitarsi dopo 3 giorni, e la barca è affondata in 3-4 minuti dopo l’urto», ha riferito A. S., mentre S. M. S. ha detto di «essere arrivato sulla spiaggia aiutandomi con un legno, ci ho messo 15-20 minuti. Nessuno mi ha aiutato: ho visto, dopo qualche minuto, solo l’ambulanza». Del quarto sopravvissuto ascoltato oggi davanti al Gip minorile di Catanzaro invece è stato acquisito il verbale delle dichiarazioni già rese alla Guardia di Finanza di Crotone all’indomani del naufragio. L’incidente probatorio al Tribunale dei minori di Catanzaro si concluderà domani con le testimonianze di altri tre superstiti, poi dal 5 aprile partirà a Crotone l’incidente probatorio del procedimento a carico degli altri presunti scafisti dell’imbarcazione naufragata nel mare cutrese.
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