Alla fine è evaporata come una bolla di sapone l’inchiesta “Vaso di Pandora”. Ieri il Tribunale di Crotone ha assolto perché «il fatto non sussiste» i 40 imputati coinvolti nel processo di primo grado nato dall’operazione scattata il 28 novembre 2018 con l’esecuzione di 11 misure cautelari da parte della Guardia di Finanza. Non è stata accolta la tesi degli inquirenti con il procuratore Giuseppe Capoccia che aveva chiesto la condanna di otto imputati, l’assoluzione per 30 e due proscioglimenti in quanto deceduti nel corso del procedimento.
Per l’Ufficio di Procura – ma non per il collegio presieduto da Elvezia Cordasco (a latere i giudici Assunta Palumbo e Giuseppe Collazzo) - le indagini condotte dalle Fiamme gialle avevano svelato l’esistenza di una presunta associazione a delinquere che sarebbe stata in grado di frodare sia l’Istituto nazionale di previdenza che l’Agenzia della Regione Calabria per le erogazioni in agricoltura. Secondo la tesi dell’accusa che non ha passato il vaglio del collegio giudicante, tra il 2012 e 2016, l’ipotizzata gang avrebbe sottratto quasi 5 milioni di euro ai due enti pubblici attraverso un “modus operandi” ben collaudato: sarebbero state create delle società fittizie e non, al fine di lucrare illecitamente sulle indennità previdenziali o i contributi agricoli mediante la preparazione di numerose pratiche, ritenute false, di assunzioni instaurati nel comparto dell’edilizia, dell’agricoltura e dei servizi.
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