Omicidi, famiglia e onore: parla il pentito del clan di Limbadi

Benché non porti il cognome dei Mancuso è, di fatto, il secondo pentito della “famiglia”. Dopo la collaborazione con la giustizia di Emanuele Mancuso, quella di Pasquale Alessandro Megna, 38enne arrestato a gennaio per aver ucciso Giuseppe Muzzupappa, potrebbe far emergere molte altre cose sulle dinamiche interne al clan che ha il suo feudo a Limbadi e Nicotera. Megna chiama «zio» Pantaleone “Scarpuni” perché suo padre, Assunto, è cognato del boss. È pure legato all’altro “Luni” (“l’Ingegnere”) e, in un’occasione, lo stesso Luigi Mancuso disse di «fare conto» che i figli di Assunto «fossero suoi figli».
«Campisi voleva uccidere Luigi Mancuso» Proprio la loro vicinanza ai due “Luni” avrebbe attirato sui Megna le ire di quello che lui identifica come «il gruppo Muzzupappa-Campisi-Cuturello-Rizzo» che sarebbe stato mosso dalla volontà di vendicare l’omicidio di Mimmo Campisi.

«Ho ucciso Giuseppe Muzzupappa – ha dichiarato Megna davanti alla pm della Dda di Catanzaro Anna Maria Frustaci – perché quel giorno se non lo avessi ammazzato io, lui avrebbe ammazzato me, per timore di fare una brutta fine io stesso, che poi era la ragione per la quale giravo armato». Il dissidio con quel gruppo e le «meschinate» contro i Megna si erano fermati solo «quando è uscito zio Luigi Mancuso dal carcere e li ha chiamati – afferma il pentito – dicendogli di non farci più questi danneggiamenti». In seguito gli avrebbero però raccontato che Totò Campisi (figlio di Mimmo) «era andato a dire in giro che li avrebbe uccisi tutti i Mancuso e per che per primo avrebbe ucciso Luigi Mancuso, affermando che quelli che prima erano con i Mancuso poi si sarebbero dovuti inginocchiare a lui».