Un imprenditore sfiorato in passato da importanti inchieste ma mai condannato per associazione di tipo mafioso. Negli ultimi anni, però, secondo la ricostruzione della Dea Mario Gigliotti, detto anche Capozza, avrebbe svolto il delicato ruolo di anello di congiunzione tra le cosche di Isola Capo Rizzuto e la criminalità rom operante su Catanzaro. I magistrati dell’antimafia evidenziano che le inchieste giudiziarie degli ultimi anni «hanno fortemente ridimensionato le consorterie mafiose dei Grande Aracri e degli Arena, compresi i loro addentellati nella città di Catanzaro». In questo “vuoto di potere” si sarebbe inserito Mario Gigliotti di Petronà. Nella richiesta di misura cautelare i pm tracciano un profilo dell’indagato. A partire dall’arresto avvenuto nel 1996 per una tentata estorsione a un imprenditore boschivo della Presila catanzarese. Un imprenditore sfiorato in passato da importanti inchieste ma mai condannato per associazione di tipo mafioso. Negli ultimi anni, però, secondo la ricostruzione della Dea Mario Gigliotti, detto anche Capozza, avrebbe svolto il delicato ruolo di anello di congiunzione tra le cosche di Isola Capo Rizzuto e la criminalità rom operante su Catanzaro. I magistrati dell’antimafia evidenziano che le inchieste giudiziarie degli ultimi anni «hanno fortemente ridimensionato le consorterie mafiose dei Grande Aracri e degli Arena, compresi i loro addentellati nella città di Catanzaro». In questo “vuoto di potere” si sarebbe inserito Mario Gigliotti di Petronà. Nella richiesta di misura cautelare i pm tracciano un profilo dell’indagato. A partire dall’arresto avvenuto nel 1996 per una tentata estorsione a un imprenditore boschivo della Presila catanzarese. In quell’occasione gli inquirenti ricostruirono che per obbligare il titolare di una ditta a pagare non solo vennero effettuati danneggiamenti ad alcuni mezzi meccanici ma un cavallo venne ucciso con un colpo alla testa. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Catanzaro