Un controllo «pervasivo» delle attività economiche messo in atto seguendo «un doppio binario»: o tramite la «diretta la gestione delle imprese attraverso le cosiddette “teste di legno” (e quindi operando in prima persona con l’erogazione di beni o servizi)», oppure indirettamente attraverso «rapporti con i singoli imprenditori» che «sono alternativamente chiamati alla corresponsione di quote estorsive» a cui spesso segue la «protezione» ma anche «l’aggiudicazione di ulteriori lavori». In questi termini la Dda di Catanzaro nelle carte dell’inchiesta “Maestrale-Carthago” descrive la penetrazione nell’economia da parte del “locale” di ‘ndrangheta di Mileto, definito come «la sommatoria» di diverse ‘ndrine che «esprime la possibilità di utilizzazione degli uomini e dei mezzi secondo le migliori attitudini ed utilità», in modo da utilizzare «le ditte e gli imprenditori contigui alla struttura per contaminare il tessuto economico».
Tra i casi emblematici la Procura antimafia cita quello di Domenico Colloca, definito nell’impianto accusatorio come «imprenditore di riferimento del sodalizio» nel settore dei catering, delle mense scolastiche e ospedaliere e della distribuzione pasti ai centri immigrati. Ma vengono citati anche altri imprenditori che non figurano tra gli indagati ma attraverso i quali la cosca avrebbe «invaso» anche «il settore edilizio, il settore della manutenzione idrica ed elettrica negli enti comunali nonché il settore della gestione dei rifiuti solidi urbani».
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