Il decreto di perquisizione emesso dalla Procura di Crotone nell’ambito delle indagini sulla catena dei soccorsi al caicco carico di migranti naufragato il 26 febbraio a Steccato di Cutro - 94 morti accertati ed una decina di dispersi - solleva dubbi non solo sulla catena dei soccorsi ma anche sull'orario in cui è avvenuto lo scontro con la secca che ha provocato lo sfascio dell’imbarcazione. Secondo i dati e le testimonianze dei giorni successivi alla tragedia, l’orario era stato fissato alle 4 di mattina, ma i dati riportati nel decreto dicono altro. La prima rilevazione radar da parte del Gruppo aeronavale della Guardia di finanza di Vibo Valentia, secondo quanto riporta la Procura, avviene alle 3:34: la barca è a circa 3,7 miglia (6 km) da Le Castella ed a 8 miglia (13 km) dalla foce del fiume Tacina dove poi naufragherà. L’imbarcazione veniva monitorata via radar per 38 minuti ma dalle relazioni negli atti della Procura, si legge che alle 3:50 il Roan di Vibo acquisiva la posizione di un target a circa 2 miglia (3,2 km) da Le Castella «non immediatamente riconducibile all’imbarcazione segnalata da Frontex». Dalle tracce radar poi emerge che l'ultimo aggancio prima del naufragio avveniva alle 4:12 quando il caicco era ancora a 2 miglia (3,6 km) dalla foce del fiume. Qualche minuto prima - alle 3:58 - nonostante il monitoraggio durasse da 24 minuti, da una conversazione tra Roan e Capitaneria di porto Reggio Calabria, agli atti della Procura, si sente l’operatore di sala della Guardia di finanza dire "anche noi dal radar al momento non battiamo nulla». Il caicco era affondato prima dell’ultimo aggancio segnato alle 4:12? Anche perché alle 4:15, come si legge nelle carte del processo parallelo sugli scafisti, vengono allertati i Carabinieri e una pattuglia arriva sul posto alle 4:30 quando ormai il naufragio è avvenuto. Ma da quanto tempo?
Il legale dei familiari delle vittime: "Fatti gravissimi"
«Avevamo visto giusto sin da principio. E’ sempre stato chiaro che l’Italia ha enormi responsabilità per la strage di Cutro. Ma ora è tutto ancora più evidente. Le indagini della Procura di Crotone dimostrano che chi aveva il dovere di intervenire è stato a guardare. Che chi ha visto ha detto di non aver visto. Se queste accuse saranno confermate, si tratta di fatti gravissimi». Lo afferma l'avvocato Francesco Verri che insieme ad altri professionisti ha creato un pool di legali a disposizione dei superstiti e delle famiglie delle vittime del naufragio di Cutro. «E poi - aggiunge - c'è l’ultima scoperta dei giornalisti d’inchiesta italiani e stranieri uniti dalla rete Lightouse Reports. La sera di sabato 25 febbraio Frontex ha classificato come 'possible migrant vessel' la barca diretta verso l’Italia. Quindi non c'era neppure bisogno di decifrare la comunicazione per desumere dai boccaporti aperti di notte a febbraio, dalla rotta e da altri segnali che la barca trasportasse migranti. La decodifica l’ha fatta e l’ha scritta Frontex. Bastava leggere. E agire. Invece nessuno ha mosso un dito».