Un giro d’affari di dieci milioni di euro, un territorio (quello di Briatico in provincia di Vibo) dove la produzione della cipolla rossa di Tropea Igp nell’ultimo anno è stata profondamente frenata dalla mancanza di approvvigionamento dell’acqua dopo il sequestro dell’impianto di irrigazione Murria.
Oggi a dare un quadro della situazione ai nostri microfoni è Simone Saturnino, agronomo e funzionario Arsac. Abbiamo intervistato Saturnino in uno dei terreni sulle colline di Briatico (nella frazione di Potenzoni) e insieme a lui c'erano gli esponenti del comitato "Murria": il presidente Raffaella Marzano e il vicepresidente Francesco Morello.
"In Calabria non si è ancora compresa l'importanza di questa produzione nello scenario economico"
Il territorio briaticese oggi contribuisce per 1/3, con i suoi 100.000 quintali di cipolla di Tropea certificata Igp, a soddisfare le esigenze di mercato di questo prodotto. Un giro di affari per il comprensorio di Briatico pari a 10.000.000 di euro di fatturato escluso l’indotto, con oltre 1.000 operai a tempo determinato impiegati nella stagione produttiva. La cipolla, rispetto alle altre specie vegetali, ha specifiche esigenze in acqua. Durante l’ingrossamento dei bulbi, nel periodo primaverile estivo, è necessario garantire apporti idrici quotidiani al fine di favorire l’ingrossamento dei bulbi. Gli stress idrici determinano non solo l’appassimento irreversibile del prodotto, bensì anche una partenza anticipata della produzione dello scapo fiorale rendendo i bulbi non edibili. Le aree agricole collinari di Briatico rappresentano l’unico polmone cipollicolo di rilievo del vibonese, infatti, le aree costiere stanno sottraendo le superfici coltivabili per dare spazio a strutture turistiche. La défaillance idrica briaticese, seppure denunciata nei tempi a chi di dovere, ad oggi non è stata risolta. Le aziende, pertanto, per radicata incapacità gestionale degli organi di competenza, registrano delle anticipazioni non rimborsabili tramite istituti di credito pari a 25mila euro ad ettaro. Naturalmente il problema a cascata si riversa sull’intero territorio calabrese e nazionale, in quanto mancando il prodotto non si riuscirà a soddisfare gli accordi stipulati con le catene della grande distribuzione nonché con le industrie agroalimentari che da diversi anni nei loro trasformati utilizzano la cipolla di Tropea come ingrediente civetta, per attirare l’interesse del consumatore. L’anomalia di fondo è che ancora in terra calabra non si è riusciti a comprendere l’importanza di questa produzione nello scenario economico agroalimentare nazionale e che pertanto l’incapacità di taluni determina danni irreversibili per l’intera filiera.
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