Durante la consiliatura di Ugo Pugliese, il Comune di Crotone era «di fatto» amministrato da Enzo Sculco e sua figlia Flora. Tant'è che nei loro confronti l'allora sindaco si trovava in uno stato di «soggezione». Lo mettono nero su bianco i pm della Dda di Catanzaro, Paolo Sirleo e Domenico Guarascio, negli atti dell'inchiesta "Glicine Acheronte" che martedì ha portato all'esecuzione di 43 misure cautelari da parte dei carabinieri.
L'operazione ha sgominato da un lato la cosca Megna di Papanice che s'era riorganizzata dopo la scarcerazione nel 2014 del boss Mico Megna, dall'altro ha disarticolato il presunto comitato d'affari - formato da politici, imprenditori e persone in odor di 'ndrangheta - che avrebbe gestito le istituzioni locali. Enzo Sculco (finito agli arresti domiciliari) - scrivono i due pm nella richiesta di misura cautelare al gip di Catanzaro - «dimostrava di ingerirsi nell'attività di Ugo Pugliese». Come? Il leader del movimento politico dei Demokratici - ricostruiscono gli inquirenti - «dava direttive» all'ex primo cittadino «sul contenuto di discorsi da fare durante incontri e dibattiti», oltre a decidere «incarichi e nomine interne ed esterne» all'ente, «mantenendo il controllo pressoché assoluto» delle società partecipate. A dimostrazione della «situazione anomala» che in quegli anni vigeva in Municipio, gli investigatori citano la conversazione del 10 maggio 2017 tra Sculco e Pugliese: «Ogni tanto Ugo - è il richiamo dell'ex consigliere regionale - bisogna cacciare le p...e, tu hai cacciato solo le due parti, il colore gli hai cacciato...perché noi dobbiamo farci rispettare...cioè perché lei (verosimilmente l'assessora regionale all'ambiente dell'epoca, Antonella Rizzo) mi viene a discutere qua... perché ha capito che noi vogliamo e dobbiamo essere rispettati...il sindaco deve citare...mostrare il carattere».
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